Per capire il mondo basta tanto quanto un quanto

Testo tratto da Helgoland, Carlo Rovelli, 2020

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Ilfotone è il quanto d’energia, ed è chiamato anche “quanto di luce”. La luce è costituita da capi elettrici e magnetici che si propagano nello spazio come onde. Il fotone è la particella elementare e necessaria, nonchè il quanto indispensabile a generare la luce. Una quantità minuscola, così minuscola che è impercettibile.

Si legge sui libri di meccanica quantistica che se osservo dove passa il fotone la sua Ψ (onda) salta interamente ad un percorso. Se vedo il fotone a destra, l’onda Ψ salta tutta a destra. Se osservo e non vedo il fotone a destra, l’onda Ψ salta tutta a sinistra. In entrambi i casi non c’è più interferenza. In gergo si dice che la funzione d’onda “collassa”, cioè salta tutta su un punto, nel momento di un’osservazione. Questa è la sovrapposizione quantistica: il fotone è in entrambi i percorsi. Se lo guardo, salta su un percorso solo e sparisce l’interferenza.
Non ci si crede.
Eppure succede: l’ho visto con i miei occhi. Nonostante l’avessi studiato tanto all’università, vederlo e metterci le mani direttamente mi ha lasciato confuso. Prova anche tu, lettore, a trovare una spiegazione sensata di questo comportamento… è un secolo che ci proviamo tutti. Se tutto questo ti confonde e non ci capisci nulla, sappi che non sei il solo. Per questo Feymann diceva che nessuno capisce i quanti. Se invece sembra tutto chiaro, vuol dire che non sono stato chiaro io. Bohr diceva sempre: “Non esprimetevi mai più chiaramente di come pensate”.

Erwin Schrödinger ha illustrato questo puzzle con un apologo celeberrimo: invece di un fotone che prende il percorso di destra insieme a quello di sinistra, Schrödinger immagina un gatto che è sveglio e insieme addormentato.
Il gatto è quindi in una “sovrapposizione quantistica” di gatto-sveglio e gatto-addormentato. Questo è diverso dal dire che non sappiamo se il gatto sia sveglio o addormentato.
Per un sistema grande come un gatto, gli effetti di interferenza previsti dalla teoria sono troppo difficili da osservare. Ma non c’è motivo per dubitare della loro realtà. Il gatto non è nè sveglio, nè addormentato, ma è in questa sovrapposizione quantistica fra gatto sveglio e gatto addormentato.
Ma che significa?
Come si sente un gatto, se è in una sovrapposizione quantistica di gatto sveglio e gatto addormentato? Se tu, lettore, fossi in una sovrapposizione quantistica di te sveglio e te addormentato, come ti sentiresti? Questo è il puzzle dei quanti.

Le discussioni sui misteri dei quanti sono state vivacissime negli anni Trenta, subito dopo la nascita della teoria. E’ rimasto celebre il dibattito fra Einstein e Bohr, durato anni attraverso incontri, scritti, lettere, conferenze… Einstein resisteva all’idea di rinunciare ad un’immagine più realistica dei fenomeni, mentre Bohr difendeva la novità concettuale della teoria.
Negli anni Cinquanta si è diffuso l’atteggiamento di ignorare il problema: la potenza della teoria era talmente spettacolare che i fisici si adoperavano ad applicarla in ogni possibile campo senza farsi tante domande. Ma a non farsi domande non si impara nulla.
Già dagli anni Sessanta l’interesse per i problemi concettuali comincia a rinascere, curiosamente stimolato anche dall’influenza della cultura hippie, affascinata dalla stranezza dei quanti.
Oggi le discussioni sono frequenti nei dipartimenti di filosofia e di fisica, con opinioni discordanti. Nascono idee nuove, si schiariscono questioni sottili. Alcune idee vengono abbandonate, altre reggono. Le idee che resistono alla critica hanno modi possibili per comprendere i quanti, ma ciascuno di questi modi ha un costo concettuale alto: ci obbliga comunque ad accettare qualcosa di davvero strano.
Le idee evolvono. Tutto evolve. Io mi aspetto che finiremo d’accordo, com’è successo con le altre dispute scientifiche che sembravano irrisolvibili: la Terra è ferma o si muove? (Si muove). Il calore è fluido o è un movimento di molecole? (Movimento di molecole). Esistono davvero gli atomi? (Sì). Il mondo è solo energia? (No). Abbiamo antenati in comune con le scimmie? (Sì). Eccetera…
Questo libro è un episodio del dialogo in corso: cerco di fare il punto su dove a me sembra sia ora la discussione, e in che direzione ci stia portando.
Le interpretazioni della meccanica quantistica ci chiedono tutte di accettare idee molto radicali: universi multipli, variabili invisibili, fenomeni mai osservati, e altre bestie strane. Non è colpa di nessuno: è la stranezza della teoria che ci forza a soluzioni estreme. Vediamo una panoramica della discussione corrente:

1.Molti Mondi

L’interpretazione a “molti mondi” è oggi di moda in alcuni circoli di filosofi e fra alcuni fisici teorici e cosmologi. L’idea è di prendere sul serio la teoria di Schrödinger. Cioè, non interpretare l’onda fotonica come probabilità, ma come un’entità reale, che descrive il mondo come effettivamente è. In un certo senso, l’idea è disconoscere il Premio Nobel a Max Born, assegnatogli per aver compreso che l’onda fotonica è solo una valutazione di probabilità.
Il gatto di Schrödinger, se così stanno le cose, è davvero descritto dalla sua onda del tutto reale. Quindi è davvero in una sovrapposizione di gatto sveglio e gatto addormentato: esistono concretamente entrambi. Perchè allora, se guardo il gatto o lo vedo sveglio, o lo vedo addormentato e non sono entrambe le cose? Tenetevi forte. La ragione, secondo l’interpretazione molti mondi, è che anche io, Carlo, sono descritto dalla mia onda fotonica. quando osservo il gatto, la mia onda interagisce con l’onda del gatto e anche la mia onda si separa in due componenti: una che rappresenta una versione di me che vede il gatto sveglio e una che rappresenta una versione di me che vede il gatto addormentato. Entrambe, secondo questa prospettiva, sono reali.
Quindi la onda totale ha ora due componenti: due mondi. Il mondo si è ramificato in due mondi e ci sono due gatti e due Carlo: uno per ciascun mondo.
Perchè allora io vedo, per esempio, solo il gatto sveglio? La risposta è che io, ora, sono solo uno dei due Carlo. In un mondo parallelo, egualmente reale, egualmente concreto, c’è una copia di me che vede il gatto addormentato. Ecco perchè il gatto può essere sveglio e insieme addormentato, ma se lo guardo vedo solo una cosa: perchè se lo guardo mi sdoppio anche io.
Siccome la onda di Carlo interagisce continuamente con innumerevoli altri insiemi oltre al gatto, ne segue che ci sono un’infinità di altri mondi paralleli, egualmente esistenti, egualmente reali, dove esiste un’infinità di copie di me che sperimentano ogni sorta di realtà alternative. Questa è la teoria di molti mondi.
Suona pazzesco? Lo è.
Eppure eminenti fisici e filosofici ritengono che questa sia la miglior lettura possibile della teoria dei quanti. quello che è pazzesco non sono loro: è questa incredibile teoria che funziona così bene da un secolo.
Ma… per uscire dalla nebbia, vale davvero la pena ipotizzare l’esistenza concreta e reale di infinite copie di noi stessi, a noi inosservabili, nascoste dentro ad una gigantesca onda universale?
Io trovo anche un’altra difficoltà in questa idea. La gigantesca onda universale che contiene tutti i mondi è come la notte nera di Hegel, dove tutte le vacche sono nere: non rende conto, di per sè, della realtà fenomenica che osserviamo. Per descrivere i fenomeni che osserviamo servono altri elementi matematici oltre all’onda, e l’interpretazione molti mondi non li spiega.

2. Variabili Nascoste

C’è un modo per evitare il moltiplicarsi infinito di mondi e di copie di noi stessi. E’ fornito da un gruppo di teorie chiamate “a variabili nascoste”. La migliore fra queste è stata concepita da De Broglie, l’ideatore delle onde di materia, e messa a punto da David Bohm.
David Bohm è uno scienziato americano che ha avuto una vita difficile perchè era comunista dalla parte sbagliata della cortina di ferro.
Indagato duramente, è stato arrestato nel 1949 e imprigionato per breve tempo. Viene prosciolto, ma l’Università di Princeton lo licenzia lo stesso, per perbenismo.
La sua teoria è semplice: l’onda di un elettrone è un’entità reale, come nell’interpretazione a Molti Mondi; ma oltre all’onda esiste anche l’effettivo elettrone: una vera particella materiale che ha sempre una posizione definita. Questo risolve il problema di connettere la teoria con i fenomeni che osserviamo. C’è una sola posizione, come in meccanica classica: nessuna sovrapposizione quantistica, quindi.
L’idea è brillante: i fenomeni di interferenza sono determinati dall’onda che guida gli oggetti, ma gli oggetti non sono in sovrapposizione quantistica. Sono sempre in una posizione precisa. Il gatto è sveglio, oppure addormentato, però la sua onda ha tutt’e due le componenti: una corrisponde al gatto reale, ma l’onda vuota può dare luogo a interferenza, interferendo con l’onda del gatto reale. Ecco dunque perchè vedo il gatto o sveglio o addormentato e pur tuttavia ci sono effetti di interferenza: il gatto è in un solo stato, ma nell’altro stato c’è una parte della sua onda che genera interferenza.
L’interpretazione a Variabili Nascoste riporta la fisica quantistica nell’ambito della stessa logica della fisica classica: tutto è deterministico e prevedibile, se conosciamo la posizione dell’elettrone e il valore dell’onda, possiamo prevedere tutto.
Ma non è così semplice. Di fatto non possiamo mai conoscere il valore dell’onda, perchè non la vediamo mai, vediamo solo l’elettrone: le variabili sono nascoste in linea di principio, e non possiamo mai determinarle.
Il prezzo da pagare per prendere sul serio questa teoria è assumere l’esistenza di una realtà fisica a noi inaccessibile, il cui unico scopo, a ben vedere, è solo quello di confrontarci rispetto a quanto la teoria non ci dice. Vale la pena assumere l’esistenza di un mondo inosservabile, senza alcun effetto che non sia già previsto dalla teoria dei quanti, con l’unico obiettivo di evitare la nostra paura dell’indeterminatezza?
La teoria delle variabili nascoste viola la teoria della relatività brutalmente: determina un sistema di riferimento privilegiato. Il prezzo da pagare per pensare che il mondo sia fatto da variabili sempre determinate come nella fisica classica è contraddire tutto quello che abbiamo imparato sul mondo. Ne vale la pena?

3. Collasso fisico

C’è un terzo modo di considerare reale l’onda, evitando sia Molti Mondi che Variabili Nascoste, ed è pensare che le predizioni della meccanica quantistica siano approssimazioni che trascurano qualcosa d’altro capace di rendere tutto più coerente.
Potrebbe esistere un processo fisico reale, indipendentemente dalle nostre osservazioni, che avviene spontaneamente, di tanto in tanto, ed evita all’onda di sparpagliarsi. Questo meccanismo ipotetico, per ora mai osservato, è chiamato il “collasso fisico” della funzione d’onda. Il “collasso della funzione d’onda” non avviene perchè lo osserviamo, ma spontaneamente, e più rapidamente quando gli oggetti sono macroscopici.
Nel caso del gatto, l’onda salterebbe da sola molto presto su una delle sue configurazioni, e il gatto sarebbe rapidamente o sveglio o addormentato. L’ipotesi cioè è che la meccanica quantistica non vale più per cose macroscopiche come i gatti.

Diversi laboratori del mondo hanno provato e stanno provando a controllare queste previsioni, per vedere chi ha ragione. Per ora ha sempre ragione la teoria dei quanti con la sovrapposizione e la maggior parte dei fisici scommetterebbe che continuerà ad averne ancora per un bel po’.

Le interpretazioni della meccanica quantistica discusse fin qui cercano di evitare l’indeterminatezza prendendo l’onda come un oggetto reale. Il prezzo da pagare appunto è aggiungere alla realtà cose strane come altri mondi, variabili nascoste e inaccessibili o processi mai osservati realmente ma solo ipotizzati.
Ma non c’è nessun motivo di prendere la funzione d’onda così sul serio.
L’onda non è un’entità reale: è uno strumento di calcolo. E’ come le previsioni del tempo, il bilancio preventivo di un’azienda, le previsioni sulle corse dei cavalli. Gli eventi reali del mondo avvengono in maniera probabilistica e la quantità dell’onda è il nostro modo per calcolare le probabilità che avvengano.

Le interpretazioni della teoria che non prendono l’onda così sul serio sono chiamate “epistemiche” perchè interpretano l’onda come un riassunto della nostra conoscenza di ciò che accade.

Un esempio di questo modo di pensare è il q-bismo. Il q-bismo prende la teoria dei quanti così com’è, senza cercare di “completare” il mondo.
Il q-bismo prende il nome dai q-bit che sono le unità di informazione usate per i computer quantistici.
L’idea è che l’onda è solo l’informazione che noi abbiamo sul mondo, e che la fisica non descriva il mondo. Descrive l’informazione che abbiamo sul mondo.
L’informazione cresce quando facciamo un’osservazione. Per questo l’onda cambia quando osserviamo: non perchè avviene qualcosa nel mondo esterno, ma perchè cambia l’informazione che ne abbiamo.
Le nostre previsioni del tempo cambiano se guardiamo un barometro: non perchè cambi bruscamente il cielo nel momento in cui guardiamo il barometro, ma perchè d’un tratto impariamo qualcosa che prima non sapevamo.
Il nome q-bismo gioca sulla consonanza con il cubismo di Braque e Picasso, che si forma in Europa negli stessi anni in cui matura la teoria dei quanti.
Cubismo e teoria dei quanti si allontanano entrambi all’idea che il mondo sia rappresentabile in maniera figurativa. I quadri cubisti spesso sovrappongono immagini inconciliabili di un oggetto o una persona, prese da punti di vista diversi. Similmente, la teoria dei quanti riconosce come misure di proprietà diverse di uno stesso oggetto fisico possano non essere conciliabili.
Nei primi decenni del XX secolo, è l’intera cultura europea che non pensa più di rappresentare il mondo in modo semplice e completo. In Italia, fra il 1909 e il 1925, gli anni durante i quali nasce la teoria dei quanti, Pirandello scrive Uno, nessuno, centomila, che parla della frantumazione della realtà nel punto di vista di diversi osservatori.
Il q-bismo rinuncia ad un’immagine realistica del mondo, al di là di ciò che vediamo o misuriamo. Mentre la teoria dei quanti parla solo di ciò che vediamo o misuriamo: non è lecito dire nulla sul gatto o sul fotone quando non lo osserviamo.

Il punto debole nel q-bismo è la sua concezione strumentale della scienza. L’obiettivo della scienza non è fare predizioni. E’ anche offrire un’immagine della realtà, un quadro concettuale per pensare alle cose. Questa ambizione ha reso efficace il pensiero scientifico. Se l’obiettivo della scienza fossero solo le predizioni, Copernico non avrebbe scoperto nulla rispetto a Tolomeo: le sue previsioni astronomiche non sarebbero state migliori. Ma Copernico ha trovato una chiave per ripensare tutto e comprendere meglio. Perchè? Perchè osservava, non faceva a gara.
C’è un altro punto, ed è la chiave di volta di tutta la discussione: il q-bismo àncora la realtà ad un soggetto della conoscenza, un “io” che conosce, che sembra stare fuori dalla natura. Invece di vedere l’osservatore come parte del mondo, vede il mondo riflesso nell’osservatore. Abbandona un materialismo ingenuo, ma finisce per cadere in un idealismo esasperato.
Il punto cruciale è che l’osservatore può essere osservato. Non abbiamo motivo di dubitare che ogni reale osservatore sia anch’esso descritto dalla teoria dei quanti.
Se osservo un osservatore, posso vedere cose che l’osservatore non vede. Ne deduco, per ragionevole analogia, che ci sono cose che anche io, come osservatore, non vedo. Esistono dunque più cose di quanto io possa osservare. Il mondo esiste anche se non lo osservo. Voglio una teoria fisica che renda conto della struttura dell’universo, chiarisca cosa sia un osservatore dentro un universo, non una teoria che faccia dipendere l’universo da me che osservo.

Alla fine, tutte le interpretazioni della meccanica quantistica non fanno che riproporre la diatriba tra Heisenberg e Schrödinger, ovvero tra una “meccanica delle onde” che cerca di evitare a tutti i costi l’indeterminatezza, e la fisica che sembra dipendere troppo da un soggetto che “osserva” e viene osservato.
Chi è il soggetto che detiene l’informazione? Cos’è l’informazione che ha? Cos’è il soggetto che osserva? Sfugge alle leggi della natura o anch’esso è una parte del mondo? Se è parte della natura, perchè trattarlo in modo speciale?
La domanda “che cosa caratterizza un’osservatore?” ci porta finalmente alla risposta: le relazioni.

Dora Maar, Pablo Picasso, 1937

C’è stato un tempo in cui il mondo sembrava semolice, poi no.

Al tempo in cui Dante scriveva, in Europa pensavamo il mondo come lo specchio offuscato di una grande gerarchia celeste: un Grande Dio e le sue sfere di Angeli portano i pianeti nella loro corsa attraverso il cielo e partecipano con trepidazione e amore alla vita di noi, fragile umanità, che al centro del Cosmo oscilliamo tra adorazione, ribellione e pentimento.
Poi abbiamo cambiato idea, nei secoli abbiamo capito aspetti della realtà, scoperto grammatiche nascoste, trovato strategie per i nostri obiettivi.
La realtà è una stratificazione lussureggiante: montagne innevate e foreste, lo sguardo degli amici, il rombo della metropolitana nelle sporche mattinate d’inverno, la nostra sete irrequieta, il saltare delle dita su una tastiera, il sapore del pane, il dolore del mondo, il cielo notturno, l’immensità delle stelle… di questo pullulare caleidoscopico pensavamo di aver trovato la trama di fondo, quando il mondo sembrava semplice.
Ma le grandi speranze di noi minuscole creature mortali sono brevi sogni. La chiarezza concettuale della fisica classica è stata spazzata via dai quanti. La realtà non è come la descrive la fisica classica.
E’ stato un risveglio brusco dal sonno felice in cui ci avevano cullato le illusioni del successo di Newton. Ma la forza del pensiero scientifico è proprio la capacità di rimettere sempre in discussione ogni cosa e ripartire, di non avere paura di sovvertire un ordine per cercarne uno più efficace. La realtà si ridisegna in continuazione.

Quello che la teoria dei quanti descrive è il modo in cui una parte della natura di manifesta a un’altra parte della natura.
Il cuore dell’interpretazione “relazionale” della teoria dei quanti è l’idea che la teoria non descriva il modo in cui gli oggetti quantistici si manifestano a noi, ma descrive come qualunque oggetto fisico agisca su qualunque oggetto fisico. L’universo non è egocentrismo, è relazione.
Pensiamo il mondo in termini di oggetti, cose, entità: un fotone, un gatto, un sasso, un orologio, un albero, un osservatore, un ragazzo, un paese, un arcobaleno, un ammasso di galassie, un pianeta… questi oggetti non stanno ciascuno in sdegnosa solitudine, al contrario, non fanno che agire l’uno sull’altro: un gatto ascolta il ticchettio dell’orologio, un ragazzo lancia un sasso, il sasso sposta l’aria dove vola, colpisce un altro sasso, un albero prende energia dal sole e la trasforma in ossigeno che gli abitanti respirano mentre osservano le stelle che corrono su una galassia che trascinano altre stelle. Il mondo è un continuo interagire.

Perchè? Per questi motivi:

  1. Niente interazione, niente proprietà

Bohr parla dell’impossibilità di separare nettamente il comportamento dei sistemi atomici dall’interazione con l’apparecchio di misura che serve per definire le condizioni delle quali appare il fenomeno.
Quando scriveva queste righe, negli anni Quaranta, le applicazioni della teoria erano confinate a laboratori che misuravano sistemi atomici. Quasi un secolo più tardi, sappiamo che la teoria vale per tutti gli oggetti dell’universo. Dobbiamo solo sostituire “sistemi atomici” con “qualcunque oggetto” e “interazione con apparecchio di misura” con “interazione con qualunque cosa”.

Così rivista, l’osservazione di Bohr cattura la scoperta alla base della teoria: l’impossibilità di separare le proprietà di un oggetto dalle interazioni dove queste proprietà si manifestano, e dagli oggetti a cui si manifestano. Le caratteristiche di un oggetto sono il modo in cui esso agisce su altri oggetti. Invece di vedere il mondo come un insieme di oggetti con proprietà definite, la teoria dei quanti ci invita a vedere il mondo fisico come una rete di relazioni di cui gli oggetti sono nodi. Non ci sono proprietà al di fuori delle interazioni.

E’ questo il significato dell’intuizione originaria di Heisenberg: chiedere quale sia l’orbita dell’elettrone mentre non interagisce con nulla è una domanda senza contenuto. L’elettrone non segue un’orbita perchè le sue proprietà fisiche sono solo quelle che determinano come agisce su qualcos’altro, per esempio sulla luce che emette. Se l’elettrone non interagisce, non ha proprietà.
Questo equivale a dire che è necessario pensare che ogni cosa sia solamente il modo in cui interagisce su qualcos’altro. Quando l’elettrone non interagisce, non ha posizione, non ha velocità, non esiste.

2. Le proprietà sono relative

La seconda conseguenza è ancora più radicale.
Supponi, lettore, di essere il gatto di Schrödinger. Sei chiuso in una scatola e un meccanismo quantistico (un atomo radioattivo, per esempio) ha la probabilità del 50% di innescare l’emissione di un sonnifero. Tu percepisce il sonnifero: nel primo caso ti addormenti, nel secondo resti sveglio. Per te non ci sono dubbi: o dormi oppure no.
Io invece sono fuori dalla scatola e non interagisco nè con il sonnifero, nè con te. Più tardi posso osservare fenomeni di interferenza tra te-sveglio e te-addormentato: in questo senso posso dire che tu sei in una sovrapposizione di sveglio e addormentato. Per te il sonnifero si è liberato e percepisci una differenza, per me non si è liberato e non la percepisco perciò ti vedo sia in un modo che nell’altro. La prospettiva relazionale permette che siano vere entrambe le cose, perchè ciascuna riguarda interazioni rispetto a due osservatori diversi: me e te.
Ma è possibile che qualcosa sia reale rispetto a te e non sia reale rispetto a me?
La teoria dei quanti, io credo, è la scoperta per cui la risposta a questa domanda è sì: le proprietà di un oggetto che sono reali rispetto a un secondo oggetto non lo sono necessariamente rispetto ad un terzo.

Cos’è allora l’onda? E’ un calcolo probabilistico di dove ci aspettiamo si realizzi, rispetto a noi, il prossimo evento. E’ una quantità prospettica: un oggetto non ha una sola onda, ne ha una diversa rispetto a ogni altro oggetto con cui ha interagito. Un oggetto è uno, nessuno e centomila.

Il mondo si frantuma in un gioco di punti di vista, che non ammetta un’unica visione globale. E’ un mondo di prospettive, di manifestazioni, non di entità con proprietà definite o fatti univoci. Le proprietà non vivono sugli oggetti, sono ponti fra oggetti. Gli oggetti sono tali solo in un contesto, cioè solo rispetto ad altri oggetti, sono nodi solo dove si allacciano i ponti. Il mondo è un gioco di prospettive, come di specchi che esistono solo nel riflesso di uno nell’altro. Questo strano lieve mondo è la grana fine delle cose, dove le variabili sono relative e il futuro non è determinato dal presente.

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