Salire e scendere dai mezzi pubblici
Una cosa volevo dire:
Dove vai vai nel mondo, puoi osservare ergersi sempre spontaneo lo stesso fenomeno di fenomeni ignari di una regola civica ormai divenuta consuetudine, secondo la quale prima di salire su un mezzo di trasporto pubblico, bisogna lasciare scendere chi c’è sopra.
Tale consuetudine è affine alla fisica, poiché, come osservabile ad occhio nudo, in uno spazio finito, l’aggiunta di un soggetto fisico non sovrascrive l’altro già esistente per inspiegabile putrefazione, ma restringe lo spazio stesso, creando difficoltà, se non impossibilità, al soggetto uscente, di farlo.
Dunque, qual è esattamente l’elemento cerebrale mancante nell’essere umano affinché si sviluppi interiore la consapevolezza di questa cosa, che poi non necessita di educazione alcuna, per quanto è naturale ed inconscia? Io ci ho pensato, e l’unica soluzione che mi viene in mente è che forse, in questo caso specifico, non c’è un elemento cerebrale mancante nella massa, ma c’è un elemento superfluo in te. Il problema è tuo. È tuo il fardello dell’indignazione, è tuo il dispiacere e il risentimento verso gli esseri umani, è tuo il dolore che si prova nell’impotenza di cambiare la realtà, perché ogni tentativo di attivismo è un fallimento predefinito, quando ci si concentra sul problema e non sulla soluzione. Ma essendo tuo il problema, è tua anche la soluzione: rassegnarti alle minime e comunque legali manifestazioni altrui della rabbia repressa, accollandoti per sempre l’elemento superfluo che ti causa pena nell’animo, oppure combattere, come si combatte coi muri di gomma, con il rischio che, invece, quello scomodo elemento superfluo in te svanisca nel nulla.